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L’intelligenza
di Bruxelles Quelle regole da interpretare Le
previsioni primaverili della Commissione europea hanno espresso una visione
della congiuntura italiana complessivamente in linea con quella del Governo
Renzi, non fosse che le attese relative al debito pubblico restano ancora una
volta deluse. Bruxelles è orientata a credere che il debito italiano scenderà
molto limitatamente, dal 2,6 del 2015, al 2,4% del 2016. In compenso,
peggiora il saldo strutturale di oltre mezzo punto percentuale, causa un 1,5%
annuo in più dovuto ad aumenti salariali e incrementi previdenziali. Per
rispettare le nuove regole europee, l’Italia avrebbe dovuto ridurre il debito
di un ventesimo all’anno su tre anni a cominciare proprio da adesso. Un
obiettivo che verrà subito mancato, anche perché il governo ha chiesto
l’applicazione di numerose clausole di flessibilità di bilancio. Servirebbe
una qualche forma di magnanimità da parte della Commissione per scontare lo
0,8% del Pil rispetto a un massimo consentito dello 0,75%. Ci aspettavamo
l’ira di un implacabile Bruxelles? Invece Bruxelles, in genere implacabile,
sembra essersi intenerita. Il commissario agli affari monetari, Pierre
Moscovici. ha detto infatti che si, ci sono le regole, ma che queste saranno
seguite in maniera intelligente, per favorire l’obiettivo della ripresa. Se questa
affermazione appare incoraggiante per l’Italia, evita un nuovo scontro con la
Commissione, viene da chiedersi però se per caso, fino a questo momento, le
pretese di Bruxelles fossero state poco intelligenti, per non dire
completamente stupide. Già una volta il patto di Stabilità venne definito da
parte di personalità autorevole in modo poco lusinghiero. Meglio sarebbe
cambiare le regole rapidamente invece di disprezzarle ad ogni occasione. Non
si può costruire una unità europea su dei vincoli ritenuti inadeguati e che
devono essere sottoposti ad una revisione critica, piuttosto che ad una
applicazione letterale. Altrimenti è inutile lamentarsi se poi non vengono
rispettati. Siamo giunti ad uno snodo cruciale della vita dell’Unione europea
e non certo solo per gli aspetti strettamente finanziari. Tuttavia se nemmeno
a Bruxelles si rendono conto dei rischi cui stiamo andando incontro,
figurarsi se riusciranno a farlo i governi nazionali, pressati come sono dal
malcontento popolare. Roma, 4
maggio 2016 |
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